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Tra palco e realtà: la produzione
degli eventi esport secondo Eric Valsecchi
Behind Esport / #Blog #esports

Cosa si cela dietro ai grandi eventi esport? Chi li crea, li sostiene e chi ci permette di poter godere dello spettacolo, spesso in streaming comodamente dal nostro divano?  

Spesso non ci facciamo caso; diamo per scontato che ciò che vediamo ci venga offerto in maniera semplice e rapida da tournament organizer e publisher. In verità, come sappiamo, l’essenziale è invisibile agli occhi. Dietro a quello che vediamo esiste un mondo in costante movimento, quello della “produzione”. Un microcosmo all’apparenza caotico ad uno sguardo poco attento, ma in realtà coordinato, come fosse un unico organismo senziente, diretto da un vero e proprio “deus ex machina” che solitamente prende il nome – non a caso - di head of production

Eric Valsecchi fa proprio questo, di mestiere. La sua esperienza pluriennale in ambito sportivo, ora, si è messa al servizio dell’esport. Il risultato? Un modo inedito di narrare il gaming e non solo. Ecco cosa ci ha raccontato l’head of production dietro ai più importanti eventi sportivi ed esportivi in Italia! 

Cosa cambia, in termini di produzione, dallo sport tradizionale al gaming?

In linea generale poco o nulla, diciamo che è lo sport “tradizionale” che si sta spostando verso una chiave di lettura più “gaming” (molte leghe sportive hanno come sponsor proprio dei publisher, basti vedere EA e KONAMI).

La difficoltà peggiore che hai dovuto affrontare nel corso di una diretta?

Ogni volta che si è in diretta ci sono mille problemi che possono nascere e che vanno gestiti, dal 1990 ad oggi ci sono state più di una difficoltà affrontate e “risolte”. Ricordo un SBK in Indonesia dove ho imparato gli “ordini” in indonesiano visto che la troupe NON conosceva l’inglese.

I principali ostacoli nel comunicare il mondo del gaming e dell’esport a chi non lo conosce

Far comprendere quanta preparazione ci sia anche dietro ad una banale “partita”.

Come ti sei avvicinato al mondo del gaming e cosa ti ha insegnato di nuovo?

È stato il mondo del gaming che mi ha “trovato” in quello della regia sportiva, sicuramente è più complicato far cogliere ed apprezzare al pubblico – soprattutto di chi non conosce il titolo - il “gesto” (atletico?).

Il ricordo/la scena/l’azione che hai immortalato e di cui vai più fiero?

Ho ricordi nitidi di una vittoria dell’Italrugby contro l’Australia a Firenze nel 2022 come della storica vittoria ad Edimburgo nel Sei Nazioni del 2007, dello “scambio di vedute” tra Lukaku ed Ibrahimovic nel derby di Coppa Italia (immagine diventata poi un murales), del dolore composto della famiglia Mihajlovic nel ricordo pre-partita di Lazio/Bologna di qualche settimana fa oltre ad avere sperimentato cose divenute un must (l’inquadratura dello stadio olimpico dall’alto utilizzata nelle finali di Coppa Italia, il carrello motorizzato nel basket copiato dalla NBA).

Quanto lavoro e quanta preparazione si nascondono agli occhi di chi guarda?

Tante ore di studio, di condivisione e preparazione per passaggi che, spesso, un occhio disattento, non coglie come così complicati. Con il team production di ProGaming Italia si studiano continuamente delle innovazioni per sfruttare al meglio le interazioni ed implementare il prodotto cercando di avvicinare lo storytelling a qualcosa che si discosti dalla semplice streaming, attività sempre più diffusa ma spesso sempre più carente di qualità contenutistica.

Se potessi migliorare/cambiare qualcosa nel modo in cui viene narrato il gaming, cosa faresti?

Migliorerei il racconto di quanta “persona” c’è dietro al “player” cercando una chiave narrativa che sia sempre più vicina ai gusti di una generazione alla costante ricerca di novità.

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