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Gaming ed esport: le iniziative
a sostegno della popolazione ucraina
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Il conflitto russo-ucraino è scoppiato a fine febbraio, calamitando - ovviamente - l’attenzione di tutto il mondo, il quale si è subito attivato per aiutare e portare un minimo di sollievo alla popolazione inerme, come sempre la più colpita dalla barbarie della guerra. 

Ora, dopo praticamente un mese dall’inizio dell’invasione del territorio ucraino e con una situazione che non accenna a migliorare, nonostante accorati appelli e il ricorso dalla diplomazia, possiamo cercare di tracciare un quadro sommario delle iniziative che associazioni, privati cittadini e grandi aziende hanno messo in campo per garantire il loro sostegno al popolo ucraino. 

Aiuto e vicinanza che si sono tradotti principalmente in raccolte fondi, donazioni ma non solo. Molte aziende, oltre a donare, hanno anche formalmente aderito - o, meglio, si sono allineate - alle pesanti sanzioni e all’artificiale isolamento economico/culturale con cui l’Occidente mira a colpire la Federazione russa, al fine di fermare quanto prima il conflitto in corso. Dunque, come ha reagito la gaming industry e, soprattutto, il settore esport?


Le reazioni all’inizio del conflitto

Come sappiamo, il gaming (e ancor più la sua evoluzione competitiva) sono settori globali, privi di nazonalismi, barriere e bandiere; settori da sempre in prima fila quando si tratta di propugnare l’inclusività, il rispetto, l’eguaglianza e i valori di pace e fratellanza.  

La reazione dell’industry videoludica all’invasione dell’Ucraina non si è fatta attendere. Dopo l’avvio del processo di isolamento della Russia da parte dei paesi occidentali, i grandi colossi dell’entertainment digitale, oltre a condannare con ferma durezza una guerra del tutto ingiustificata e fratricida, stanno cercando di rispondere al conflitto a loro modo, allineandosi - come anticipavamo poco fa -  alla posizione sanzionatoria che sta colpendo l’economia dell’enorme stato a cavallo tra Europa e Asia. 

In questo senso sono già diversi i publisher e gli studi di sviluppo che hanno temporaneamente sospeso le operazioni in Russia, così come sono già in molti ad aver provveduto alla cancellazione dalla vendita dei loro prodotti negli store fisici e digitali. Sony (che ha bloccato l’uscita di GT 7) e Microsoft sono state tra le prime - sollecitate dall’accorato appello del vice-premier ucraino - a rispondere, chiudendo di fatto al mercato russo. Nintendo ha fatto lo stesso, anche a causa delle problematiche legate al congelamento delle transazioni digitali. Epic Games ed EA hanno dato uno stop perentorio alle vendite nel mercato russo, così come hanno dichiarato di fare anche Activision Blizzard e CD Projekt Red, Wargaming e Ubisoft.


Addirittura, all’isolamento economico si è unito successivamente anche il cosiddetto “isolamento culturale”, che ha portato realtà come EA a cancellare dai propri titoli sportivi (e, di conseguenza dalle competizioni come le FIFAe Nations Series) i giocatori, le nazionali e le squadre nazionalità russa.

Tutti i publisher, poi, non solo si sono attivati immediatamente per donare ingenti quantità di denaro alle organizzazioni umanitarie attive nel portare aiuto alla popolazione colpita, ma hanno messo in campo una sorta di rete di solidarietà internazionale, per aiutare e dare un rifugio sicuro a tutti i dipendenti dei loro uffici in territorio ucraino e alle rispettive famiglie, ancora impossibilitate a lasciare il paese.

Allineandosi alla politica prevalente, anche il settore del gaming competitivo non si è fatta attendere. I principali tournament organizer, allo scoppio delle ostilità, hanno immediatamente sospeso le operazioni in Russia, così come hanno declinato ogni potenziale opportunità commerciale con partner russi e bielorussi. Inoltre, tutti i team russi o con base nella Federazione russa sono stati immediatamente sospesi, squalificati e allontanati dai principali tornei continentali ed internazionali.

Blast, ESL e altri tournament organizer, su questa scia, hanno fatto sapere che i team russi o con collegamenti con la Russia non possono più prendere parte agli eventi in corso, né a quelli futuri, fintantoché la situazione perdurerà, pur permettendo ai giocatori di nazionalità russa di competere sotto un nome e una “bandiera” neutrale. L’intento, infatti, non è quello di punire i giocatori per la loro nazionalità.

Riot Games, per i suoi VCT EMEA di VALORANT ha addirittura sospeso in via indefinita una giornata dei qualifier e sanzionato l’organizzazione Gambit Esports cancellandola di fatto dal torneo continentale ma consentendo ai giocatori del roster di prender parte al torneo sotto un nome non affiliato ad organizzazioni russe.

Freaks, poi, non si è limitata a condannare fermamente le operazioni militari e le atrocità commesse in Ucraina, ma ha donato circa 20.000 Euro ad organizzazioni umanitarie attive sul territorio come la Croce Rossa e Save the Children, oltre a consentire ai dipendenti direttamente toccati dalla guerra e a quelli coinvolti negli aiuti umanitari una copertura extra di ferie pagate, così da poter supportare al meglio i loro sforzi.

Le iniziative a sostegno del popolo ucraino

Innumerevoli e tutte degne di nota sono state sino a questo momento le iniziative a sostegno della popolazione colpita dal conflitto. In particolare, limitandosi ovviamente al settore videoludico e del gaming competitivo, oltre alle donazioni da parte dei colossi dell’industria o all’apertura di raccolte fondi come quella attualmente attiva sulla piattaforma GoFundMe, ci sono stati molti altri progetti che stanno cercando di racimolare denaro per poter sovvenzionare le realtà attive nell’aiuto della popolazione e dei profughi in fuga dalla loro casa. 

Paweł Książek, head del Kinguin Esports Performance Center di Varsavia, ha addirittura aperto le porte dell’edificio ai rifugiati, e ha dichiarato che diversi dipendenti della famosissima piattaforma Kinguin stanno ospitando nelle loro case persone in fuga dalla guerra. 

Molti sono gli store digitali e le piattaforme già attive in tal senso, come accaduto per il mega bundle di Itch.io  il quale incentiva la donazione permettendo agli utenti di accaparrarsi decine e decine di ottimi titoli indie. Gli stessi publisher e gli studi di sviluppo si stanno spendendo sotto il profilo della beneficenza: CD Projekt Red, ad esempio, supporta tutti i dev che raccolgono denaro attraverso la piattaforma GOG. 11 Bit, il team di sviluppo dietro al capolavoro This War of Mine, ha riversato per un’intera settimana tutti i proventi raccolti dalla vendita del titolo su un fondo speciale istituito ad hoc. 

John Romero, il co-creatore di Doom, ha risposto a suo modo all’appello, rilasciato un nuovo livello - chiamato OneHumanity - per il leggendario shooter Doom 2 (il primo livello dopo oltre 25 anni) girando l’intero ricavato della vendita alla Croce Rossa internazionale e al fondo delle Nazioni Unite per le emergenze.

Diverse realtà esport si sono attivate per sensibilizzare le rispettive community e incentivare la partecipazione benefica, mentre le org ucraine, ovviamente coinvolte in maniera diretta, si sono messe al servizio della popolazione. Questo è ciò che hanno fatto i Na’Vi, realtà tra le più conosciute a livello internazionale che ora hanno non solo annunciato di non avere alcuna intenzione di lasciare la madrepatria ma stanno facendo il possibile (con i suoi oltre 80 dipendenti), per trovare un riparo a chi fugge dalle zone più colpite e portare aiuto a chi ne ha più bisogno. Lo staff dell’organizzazione ha, ad esempio, già donato tutti i vestiti che l’organizzazione aveva nei magazzini a chi si trova bloccato nei rifugi di fortuna, negli ospedali e negli orfanotrofi. 

Insomma, il mondo del gaming non è rimasto indifferente, cercando - per quanto possibile - di portare tutto l’aiuto possibile alla popolazione ucraina.


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