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Gaming Disorder: la patologia e
i benefici del videogioco
Gaming Disorder: la patologia e i benefici del videogioco / #Gaming Disorder: la patologia e i benefici del videogioco

Quando, secondo voi, l’attività videoludica può diventare un problema? Qual è il limite di tempo da dedicare al gioco (quotidiana, settimanale, mensile) o i comportamenti che possono rappresentare dei potenziali indizi di una attività apparentemente normale, ma che rischia di scivolare facilmente nella definizione di patologia? L’OMS ha tentato di tracciarne i confini

La rapida ascesa di innovazioni e soluzioni tecnologiche che sono andate a ridefinire la nostra quotidianità, ha portato a un decisivo incremento - più o meno - evidente nella fruizione della più varia tecnologia. Oramai, siamo talmente “aiutati”, sostenuti e coadiuvati da strumenti tecnologici (anche per i nostri più banali passatempi) che la nostra mente spesso non ci fa più caso, dando per scontato questo fatto. Anzi, se non ci fosse ci sentiremmo addirittura persi.

La classificazione dell’OMS, la confusione con altre patologie

In particolare, Internet e i videogiochi in questi ultimi anni sono diventati una imprescindibile parte della nostra vita. In alcuni casi una parte preponderante, tanto da destare l’attenzione di studiosi, associazioni e, soprattutto, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che, per quanto riguarda l’attività videoludica tra il 2018 e il 2019 è giunta a codificare il cosiddetto “Gaming Disorder” (già da qualche anno oggetto di studi) nella classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi sanitari connessi (International Classification of Diseases-11).

L’Oms l’ha inserito all’interno della sezione relativa ai disturbi del comportamento legati alle dipendenze, riconoscendolo, quindi, come una vera e propria malattia. Il problema è che molto spesso il gaming disorder (data la sua lieve comunanza con diverse patologie - come la dipendenza da Internet e la dipendenza da gioco d’azzardo -) viene accorpato e confuso.

La disciplina dell’OMS…e gli aspetti positivi del videogioco

Cos’è dunque, secondo la definizione univoca e riconosciuta, il Gaming Disorder? Stando a quanto riporta l’OMS, il disturbo deriva da una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti legati al gioco, sia online che offline, manifestati da: un mancato controllo sul gioco, una maggiore priorità data al gioco a discapito delle attività quotidiane nonché gli interessi personali ed infine una continua escalation del gaming, nonostante conseguenze negative in ambiti personali, familiari, sociali. Questi comportamenti, sempre secondo l'OMS, devono presentarsi per una durata di 12 mesi, anche in maniera discontinua.

La definizione ricalca quasi pedissequamente il cosiddetto Internet Gaming Disorder, disturbo riconosciuto e inserito (solo) nel 2013 dall’American Psychiatric Association nella quinta edizione del Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali.

Nel dettaglio, questi sono attualmente i 9 criteri (secondo la disciplina dell’OMS) che individuano il Gaming Disorder (ne devono sussistere almeno 5): 1) Il videogame diventa l’attività principale della vita quotidiana (salienza cognitiva); 2) Sintomi di isolamento quando il gioco online è impedito; 3) Tolleranza (bisogno di aumentare il tempo di gioco per sperimentare soddisfazione); 4) Tentativi infruttuosi di controllare l’uso; 5) Perdita di interesse per altri hobbies o attività (salienza comportamentale); 6) Uso eccessivo nonostante la consapevolezza che sussista un problema; 7) Menzogne a riguardo del tempo trascorso giocando; 8) Uso del gioco per sedare/regolare/ridurre un vissuto emotivo spiacevole; 9) Perdita o compromissione di relazioni interpersonali rilevanti.

Insomma, il videogioco o, meglio, l’attività videoludica deve prendere il sopravvento in termini di priorità sul quotidiano di un individuo. 

Va detto, peraltro, che il riconoscimento di tale tipo di disturbo mentale avvenne alla vigilia di una sindemia globale che, appena pochi mesi dopo, costrinse tutti a casa, con relativa impennata delle ore passate su Internet e, soprattutto, sui videogiochi, creando un cortocircuito che ha portato la stessa OMS a chiedere aiuto all’industria videoludica (che ha risposto in massa) per sensibilizzare i giocatori a fare “la loro parte” promuovendo il distanziamento sociale e invitando a rimanere a casa a giocare con l’hashtag "Play Apart Together". Il problema si è ovviamente acuito nel biennio 2020-2021, ma non ha raggiunto livelli di guardia preoccupanti, dato che ad esserne colpiti sono ancora una minima parte dei videogiocatori. 

Questa visione (e classificazione) “negativa” videogiochi, però, rischia di mettere in ombra in maniera aprioristica i molteplici aspetti positivi del loro utilizzo consapevole, soprattutto perché si sa ancora troppo poco dell’effettiva portata e impatto del mezzo videoludico sulla vita di un individuo. Tantissimi studi (ne riporteremo solo alcuni) [Time spent playing video games is unlikely to impact well-being] vengono condotti non tanto allo scopo di sottolineare le implicazioni negative quanto piuttosto di capire come l’attività videoludica possa migliorare la salute, potenziare la flessibilità cognitiva e il processo decisionale [A Motivational Model of Video Game Engagement (2010)], nonché aumentare le capacità di problem solving oppure essere utile per alleviare la sintomatologia in alcuni disturbi come il deficit di attenzione o, ancora, essere utilizzati come “serious play” [The Association Between Video Gaming and Psychological Functioning] per la riabilitazione dei pazienti e degli anziani. Inoltre, sempre più spesso il videogioco risulta utile a fini didattici [Dentro il videogioco. Viaggio nella psicologia dei videogiochi e nei suoi ambiti applicativi, di Francesco Bocci], per spiegare in maniera leggera e divertente qualcosa che altrimenti potrebbe rimanere ancorato a un libro di testo. 

Nella società in cui ormai tutto è “visual”, il videogioco può quindi assolvere anche a questa funzione, soprattutto se permette all’utente di interagire con ciò che viene rappresentato a schermo. Infine, molti studi hanno ormai confermato l’importanza del videogioco come un mezzo per lo sviluppo di empatia e capacità relazionali e sociali, un concetto che fino a poco tempo fa veniva scartato a priori a causa delle catene del preconcetto secondo cui chi videogiocava non era altro che un individuo fuori dal mondo, asocialmente rinchiuso nella propria camera.

Cosa accade nel mondo?

Sono diversi i paesi del mondo, soprattutto in Estremo Oriente, che hanno adottato alcune politiche restrittive e in certi casi drastiche riguardo all’utilizzo di Internet, del mezzo videoludico in generale o di alcuni videogiochi in particolare.

La stretta del Governo Cinese è già iniziata nel 2019 quando ha vietato agli utenti di età inferiore ai 18 anni di giocare ai videogiochi tra le 22 e le 8 del mattino e comunque per non più di 90 minuti nei giorni considerati feriali. Persino la Corea del Sud, patria dell’esport, già molti anni fa nel 2011 aveva promulgato una legge che vietava ai ragazzi di età inferiore ai 16 anni di giocare da mezzanotte alle 6 del mattino.

In India, visto il verificarsi di diverse disgrazie, il governo è arrivato addirittura a vietare l’utilizzo di un gioco mobile: PUBG Mobile, a causa dell’emergere di una dipendenza talmente forte da portare i giocatori a giocare per strada, camminando, sino a non accorgersi di venire investiti da auto e treni. Insomma, ci troviamo di fronte a casi estremi, ma questo vi fa capire in che modo i vari paesi stanno - o hanno - cercato di porre rimedio a un problema che in realtà dovrebbe non solo essere sostenuto da una sensibilizzazione preventiva e buone pratiche ma anche da un aiuto sotto il profilo psicologico-sanitario tanto per i giocatori che per le loro famiglie, che spesso non sanno come approcciarsi a queste problematiche.

La normativa della provincia di BZ e in Italia

In Italia il Ministero della Salute ha recepito le direttive dell’OMS e sta attualmente aggiornando le disposizioni normative in materia di Gaming Disorder. Essendo la tutela alla salute una materia costituzionalmente concorrente, quindi demandata alle singole regioni, ogni intervento normativo locale ha le proprie peculiarità e nel corso dei mesi potremo vedere l’adozione di interventi normativi ad hoc.

Recentemente, ad esempio, la Provincia Autonoma di Bolzano ha pubblicato un aggiornamento adottato da una Delibera della Giunta Provinciale in cui, attraverso un fondo specifico di 170.000 Euro, viene aggiornata l’offerta di prestazioni sanitarie per soggetti affetti da “Gaming Disorder”, promuovendo ulteriore monitoraggio e studi in merito e garantendo un servizio assistenziale psicologico e medico ai pazienti che ne sono affetti.

Un primo passo, importante, è stato fatto per dare una risposta a un problema che sicuramente si è acuito con il lockdown ma che non dovrebbe demonizzare il mezzo videoludico in quanto tale, magari accorpandolo a categorie ben diverse, a cui - chi più chi meno - siamo un po’ tutti affetti, come la dipendenza da social o da internet.

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